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Il nuoto neonatale: il legame con l’acqua continua.

Dalla nostra mamma amica Lucia Ligorio (insegnante di lettere classiche e istruttrice CSEN di ginnastica in acqua) riceviamo una testimonianza sull’utilità del nuoto neonatale dalla nascita fino ai tre anni di vita.

Quella trascorsa sembra sia stata l’ultima domenica dedicata al sole, alla sabbia e, ahimè, al mare; è sempre un’emozione fortissima per me notare la brillantezza e l’entusiasmo negli occhi di mio figlio ogni volta che si avvicina alla riva e, vinta la sensazione del freddo al primo impatto, si approccia con l’acqua.  

Le pietre sul fondo, l’onda che si infrange sui suoi piedi, il riflesso del sole sugli scogli sono poi un contorno tutto da scoprire per lui. Inoltre ho notato quanto gli sia preziosa la mia presenza durante questo momento: è come se la condivisione del bagno in acqua con me, lo stare insieme, mano nella mano, immersi nel mare, lo riportino indietro, al periodo in cui lui era nel mio grembo, cullato dal liquido amniotico.  Mai come  nel corso di questa estate ho compreso quanto sia importante l’acqua come elemento fondamentale per la crescita di un bambino, neppure quando, a soli 20 giorni di vita, mio figlio Claudio è entrato in piscina per la prima volta, sotto espertissima guida del suo istruttore di nuoto, nonché suo padre, e con me accanto: mio figlio nuotava, galleggiava ed andava sott’acqua come se non avesse fatto altro fino ad allora. Ma ciò che più mi ha stupito è stato osservare con quanta facilità Claudio riuscisse a separare le vie respiratorie: quando riemergeva, mi guardava con un’espressione mista tra l’indifferenza e la piacevolezza nello stesso tempo, come se  per lui non ci fosse mai stato nulla di più naturale quanto galleggiare, o stare sott’acqua. Lo stesso sguardo coglievo anche negli altri bambini che erano in acqua con noi: pur essendo un po’ più grandi di lui ( alcuni avevano anche 2 anni ), tuttavia rivelavano di portare con loro quel ricordo ancestrale, per nulla cancellato, del breve, ma intenso, periodo vissuto nella pancia della propria madre.    Quest’anno riaccompagnerò mio figlio in piscina: di sicuro avrà una reazione diversa rispetto a quella dell’anno scorso: riconoscerà nell’acqua non solo il suo elemento primordiale, ma anche una forma di gioco, di evasione, di libertà, un momento di confronto con gli altri; ed io cercherò di cogliere ogni sua emozione, ma soprattutto di rivivere  e ricostituire per qualche minuto quella complicità madre/figlio, che vivevamo attraverso il cordone ombelicale.