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Bimbi a bordo!

Tutto d’un fiato. La sveglia dà lo start. Le lancette, come su una pista di atletica, diventano inconsapevoli lepri dello sprint mattutino. Non c’è tempo se non per ripartire, allenati dai giorni, dalle settimane e dai mesi trascorsi. La scuola e gli impegni di lavoro dettano i tempi. “Papi siamo in ritardo?”. “No, non preoccuparti”, le rispondo cercando di rassicurarla. “Ma, adesso, vestiamoci!” aggiungo, sperando che il dado Marco chiuda non solo uno ma tutti e due gli occhi e non ci lasci fuori dal cancello di scuola. In attesa del bus, Marta ed io, finalmente, possiamo tirare un respiro profondo. Sotto la pensilina, tra i più o meno anonimi concorrenti della quotidiana competizione urbana, ci scambiamo le coccole necessarie ad affrontare il giorno che inizia. Seppur annunciato dal tabellone elettronico su cui scorrono gli orari di transito, l’arrivo del “14” ci coglie di sorpresa poiché impegnati a commentare la storia letta la sera precedente, prima della nanna. Di corsa, raggiungiamo la porta posteriore, una delle due laterali riservate ai passeggeri in salita.

Al centro dove solitamente si scende, è autorizzato a salire chi, stando su una carrozzina, ha bisogno dell’elevatore elettrico o chi è accompagnato da un bebé in passeggino. Le regole sono chiare. Ogni autobus ha, sul fianco, una specifica segnaletica che indica con cosa e come è possibile viaggiare.

“Papi, posso chiedere all’autista se con le mie bambole posso salire al centro, come la mamma?”. Stavo per risponderle che - come tutti sanno - non è permesso parlare al conducente, quando una voce metallica ricorda a tutti il nome della fermata successiva, pensando a chi, come me, è distratto ma anche a chi è “non vedente”. “Papi, allora perché lui parla con noi?”, mi dice indispettita, per nulla intenzionata a rinunciare ad un confronto a "muso duro" con chi ritiene responsabile dell’ordine a bordo. Una vota sull’autobus, la prima cosa da fare è validare il biglietto, restando in equilibrio nonostante le frenate brusche causate dal traffico irregolare. “Papi, papi, voglio farlo io. Mi piace quando suona”. E si, perché a Marta (come a tutti i bimbi della nostra città che non hanno ancora compiuto cinque anni) è stata consegnata una tessera magnetica da passare davanti al lettore ottico che sostituisce la macchinetta obliteratrice. <<Bip bip bip bip bip bip…>>. "Adesso, basta. Dammi il biglietto!", le dico costretto a fare la voce grossa.

Avanzare, sorreggendosi a maniglie e corrimani, è come fare treeclimbing, soprattutto per chi, come Marta, non raggiunge le altezze siderali degli <<appositi sostegni>>. La folla stipata nel corridoio, certo, non aiuta. Marta mi precede, protesa ostinatamente verso la postazione di guida. Un viaggio nel viaggio. Nel provare ad inseguirla, mi soffermo con lo sguardo sulla tabella che tra i comportamenti corretti da tenere sul l'autobus recita: "E' vietato salire o scendere quando la vettura e in marcia". Non faccio in tempo a chiedermi come sarebbe possibile farlo, quando mi accorgo che è il momento di prepararsi a scendere. "Marta, premi tu il pulsante rosso per prenotare la fermata?" Scura in volto, perché non è riuscita a raggiungere la parte opposta a quella di salita, mi chiede: “Papi, ma dove finisce l'autobus?”. Se Marta fosse arrivata alla fine del corridoio, forse, sarebbe rimasta delusa.

Oggi, l'utilizzo di tecnologie innovative e completamente automatizzate nel settore della mobilità urbana rende possibile un servizio di bus senza conducente. Ma la sfida più smart lanciata dal trasporto pubblico è quella alla sostenibilità ambientale e alla riduzione delle emissioni inquinanti: dai bus a trazione elettrica anche senza fili a quelli a guida ottica, fino a progetti sperimentali per lo sfruttamento dell’energia cinetica. Quello che più conta per noi è che, in alcuni paesi, la partecipazione dei bambini è considerata un elemento fondamentale per ridisegnare la politica della mobilità urbana con suggerimenti innovativi su percorsi, limiti di velocità e modalità di accesso al servizio.

Preoccupato per il ritardo e con il pensiero al dado Marco, incito Marta ad affrettarsi a scendere. Le porte si chiudono alle nostre spalle. Stiamo per riprendere la nostra corsa verso scuola, quando sentiamo un colpo di clacson, quello della tromba dell’autobus. L’appuntamento con l’autista (che c’è) è solo rinviato a domani.