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Come nasce un papà

Città Amiche delle Bambine e dei Bambini

"...nel costruire una città che soddisfi i bisogni umani dobbiamo cominciare dai bisogni dell'infanzia. Questi ci danno la base sulla quale possiamo costruire il contatto con altri esseri umani, con l’ambiente fisico, con il mondo vivente e con le esperienze attraverso le quali si può realizzare la piena umanità degli individui e delle società".

(Margaret Mead, Neighborhoods and human Needs, N.Y., 1966)

Un’astronave dai colori bizzarri atterrò sulla piazza senza lasciare nessuna traccia di fumo cosicché nessuno poté scambiarla per uno di quei puzzolenti autoveicoli che, solitamente, l’attraversano senza riguardo per i bambini che si rincorrono sotto i portici. Nessuno degli adulti se ne curò. Solo i bambini restarono stupiti e, curiosi, si rivolsero ai loro papà per saperne qualcosa di più. Era già successo che i marziani avessero deciso di fare sosta nella nostra città ma molto prima che Marta potesse essere lì per incontrarli.

Bimbi a bordo!

Tutto d’un fiato. La sveglia dà lo start. Le lancette, come su una pista di atletica, diventano inconsapevoli lepri dello sprint mattutino. Non c’è tempo se non per ripartire, allenati dai giorni, dalle settimane e dai mesi trascorsi. La scuola e gli impegni di lavoro dettano i tempi. “Papi siamo in ritardo?”. “No, non preoccuparti”, le rispondo cercando di rassicurarla. “Ma, adesso, vestiamoci!” aggiungo, sperando che il dado Marco chiuda non solo uno ma tutti e due gli occhi e non ci lasci fuori dal cancello di scuola. In attesa del bus, Marta ed io, finalmente, possiamo tirare un respiro profondo. Sotto la pensilina, tra i più o meno anonimi concorrenti della quotidiana competizione urbana, ci scambiamo le coccole necessarie ad affrontare il giorno che inizia. Seppur annunciato dal tabellone elettronico su cui scorrono gli orari di transito, l’arrivo del “14” ci coglie di sorpresa poiché impegnati a commentare la storia letta la sera precedente, prima della nanna. Di corsa, raggiungiamo la porta posteriore, una delle due laterali riservate ai passeggeri in salita.

Nati per digitare

Secondo le più recenti ricerche sul rapporto tra bambini e tecnologie, Marta sarebbe una “nativa digitale”. Non lo dite alla mamma che si potrebbe offendere! Quando si tratta dei figli - si sa - le mamme sono molto ma molto permalose. Se è vero che, appena nata, le sue foto (digitali) sono state pubblicate su Facebook, ciò che la “fa smart” è il rapido processo di apprendimento dell’utilizzo delle tecnologie informatiche.

Un salto nella città del futuro

"Buongiorno, mi chiamo Marta e frequento la scuola materna. Sono stata invitata qui per raccontarvi, a nome dei miei compagni, il progetto che abbiamo realizzato con l'aiuto delle nostre maestre..." Improvvisamente, si interruppe. “Papi, ma io sono timida. Non posso farlo!" Ormai, era da più di una settimana che ripassavamo, a memoria, il discorso preparato per il suo intervento. L'impresa si stava dimostrando più difficile del previsto. Tutto era cominciato quando, un pomeriggio, all'uscita di scuola, Marta mi corse incontro e, con uno slancio insolito, mi gettò le braccia al collo e mi disse: "Papi, devo fare come te quando parli da solo perchè mi dici che devi prepararti per un convegno". La scuola di mia figlia aveva partecipato ad un premio organizzato in preparazione della Manifestazione SMART City Exhibition (svoltasi a Bologna dal 16 al 18 ottobre) con l'obiettivo di promuovere tra i bambini la sensibilità per le iniziative tese a rendere sempre più vivibili le nostre città, anche attraverso l'adozione di pratiche di partecipazione e collaborazione dei cittadini, a qualunque età. La candidatura aveva ottenuto l'apprezzamento della giuria ed era rientrata tra i primi dieci progetti presentati da scuole di pari grado, a livello nazionale. Marta era stata scelta come portavoce di tutti i suoi compagni. Avrebbe dovuto illustrare il lavoro svolto con le maestre e ritirare il premio. “Dai Marta, vedrai che ce la puoi fare”. Per incoraggiarla, aggiunsi: “Non devi fare altro che raccontare ciò che avete fatto. Del resto, è farina del vostro sacco”. Per nulla rassicurata, allora, mi disse: “Quale farina, papi? Devo portare anche un sacco?”. Era necessario mantenere la calma: “No, Marta volevo dire che devi semplicemente raccontare quello che avete fatto a scuola”.

Un’indagine compromettente

 

Insegnare ad un bimbo il rispetto per l'ambiente. Il nostro "eco papà" Antonio Cardelli, architetto esperto in programmazione territoriale e sviluppo locale, ci spiega come a partire dal buon esempio e dalle giuste motivazioni.

Papi, ma in quale colore butto il mio sacchetto? Ogni mattina, Marta ed io facciamo a gara a chi prima esce di casa per raggiungere l'isola ecologica del quartiere e “rimettere in ciclo” gli scarti domestici del giorno prima.